(Stilearte.it) 3 febbraio 2014 – Hopper, in fondo rende evidente, la non metafisica nichilista dell’America del Novecento. C’è in lui, nelle sue opere, qualcosa di sospeso verso il vuoto, quasi che ad ogni personaggio altro non attendesse che un incontro grato con la morte. Pittura che si misura con la metafisica, ma prendendo, semanticamente, la via opposta. De Chirico, con le sue piazze ei suoiluoghi deserti, individua, in fondo, sempre una divinità superiore- De Chirico è la solitudine senza vuoto. Tutte le atmosfere sospese di Magritte rinviano all’utopia gioiosa del sogno. E il momento etsatico è quello della rivelazone. Ciò che rivela Hopper è una profonda malinconia, che scende, in questi sguardi lunghi e persi, nella disperzione. Un fotografo americano. Richard Tuschman, ha ricreato ambienti e situazioni hopperiane, attraverso immagini di alto livello qualitativo. Non siamo di fronte ad una semplice operazione di mimetismo – che finirebbe nel punto in cui s’accende,per un attimo, il fuoco della curiosità, di fronte al coincidente ma ad una ricostruzione dei meccanismi espressivi. La meccanica espressiva, l’uso attenuato del colre, come avvolto da un triste pulviscolo, la luce priva di gioia, nelle fotografie appaiono acuite -e pertanto rendono ancor più evidente la costruzione hopperiana-. Perchè, in fondo, l’olio e la tela, addolciscono, stipulano un contratto narrativo tra pittore e osservatore.
Il fotografo Richard Tuschman realizza immagini per copertine di libri , riviste, pubblicità e conduce una propria ricerca espressiva e creativa.
Ha iniziato a sperimentare il lavoro con digital imaging nei primi anni Novanta , sviluppando una specifica cifra stilistica, che unisce l’attività di disegnatore a quella di fotografo e di grafico.
Vive e lavora a New York City.
