(Ilgiornaledellarte.com) Novembre 2013 – New York. Isa Genzken (1948) è una delle artiste tedesche che ha ricevuto più attenzione da parte dei musei, tranne quelli statunitensi. Rimedia la retrospettiva, la più vasta in assoluto mai dedicatale, intitolata «Isa Genzken: 40 Years», al Museum of Modern Art dal 23 novembre al 10 marzo, che propone 150 opere realizzate con tecniche diverse, ed è organizzata in collaborazione con il Dallas Museum of Art e l’Art Institute di Chicago.
Ma perché questa lunga «disattenzione»? Alcuni attribuiscono questo ritardo al fatto che Genzken non abbia avuto gallerie di riferimento negli Stati Uniti fino al 2004, quando è entrata nella scuderia di David Zwirner. Ma l’artista ha anche dovuto lottare per smarcarsi dall’ombra dell’ex marito, Gerhard Richter, con cui è stata sposata per una decina di anni.
«Essere un’artista non è mai stato facile in Germania, perché la scena era dominata appunto da Richter, da Sigmar Polke e Georg Baselitz», spiega la curatrice dell’attuale mostra Laura Hoptman. Molto riservata, la Genzken non ha mai voluto farsi troppa pubblicità: ha rilasciato rare interviste e ha evitato le classiche trappole mondane del sistema dell’arte. «Certi artisti sono dei businessman, lei vive in un altro modo», aggiunge la Hoptman. Per dimostrare la particolarità dell’opera della Genzken, il MoMA dedica alla mostra quasi tutto il sesto piano. Parti di «Oil» (2007), una installazione presentata alla Biennale di Venezia, ossia astronauti in tute argentate e valigie con le ruote, sono esposte nell’ingresso. «Isa si è costantemente reinventata, rimanendo però sempre concentrata sulle forme architettoniche», afferma la curatrice. Cresciuta a Berlino subito dopo la seconda guerra mondiale, la Genzken è sempre stata affascinata dalla costruzione e dalla decostruzione delle città: «Le sue sculture di cemento ricordano le macerie di Berlino dopo il 1945», conferma la Hoptman. Ma il suo lavoro non è unicamente o principalmente autobiografico. È anche profondamente impegnato con la storia dell’arte. Una serie di ritorte sculture in legno da pavimento degli anni Settanta, ad esempio, danno un tocco europeo al minimalismo newyorkese e, tra l’altro, sarebbero anche tra le prime opere d’arte mai realizzate al computer, secondo la Hoptman. La produzione più conosciuta e più recente della Genzken, umoristici assemblaggi scultorei fatti con vassoi e vasi di fiori, evidenziano la sua abilità a reinventarsi. Gli assemblaggi, esposti per la prima volta tra fine anni Novanta e inizi Duemila, accanto a opere di artisti di vent’anni più giovani di lei, erano sufficientemente freschi e nuovi per consentirle di distinguersi tra i suoi colleghi della scuola di Düsseldorf. «Il pubblico pensava che avesse la stessa età di Elizabeth Peyton, conclude la curatrice. Faceva opere che non appartenevano alla sua generazione».
Sopravvivere a Richter
