“Ti vidi echeggiare
Un soffio.
Sulla pelle.
Ne sentii l’alito.
Caldo.
La luce.
Flebile.
Non mi faceva chiudere gli occhi.
Non avevo freddo.
Non era mai successo.
Guarda, prendimi le mani, son calde.
Non era mai successo.
Vorrei conservare tutto questo.
Dovrei mangiare tutto questo.
E bere tutto.
Tutto.
Non è pioggia.
Non è Sole.
La strada.
Sterrata.
Mi porta a te.
Un soffio.
Sulla pelle.
Un sogno.
Vorrei non svegliarmi.
Dovrei non svegliarmi.
Adesso.
Non mi sveglio più.” Se esistessero posti in cui l’anima fosse appagata e in quiete, questi posti non potrebbero non essere che i Campi Elisi. Ma essi cosa sono? Ne rammenti forse la strada che porta a loro? “Campi dell’arrivo” vengono denominati in letteratura, campi in cui, secondo i Greci e i Romani si raccoglievano le anime degli eroi o di coloro i quali, terminata la propria esistenza, si erano dimostrati degni di tale ricompensa. Una sorta di “Paradiso Pagano”, dove paesaggi e climi solenni avevano dimora. Secondo i Greci, i Campi Elisi erano collocati sotto terra, dove i “beati” vi conservavano le loro spoglie mortali e si dedicavano ad occupazioni più gradite quali filosofia e letteratura. Per i Romani, come è scritto nell’Eneide, sono collocati da Virgilio; differentemente da Omero; al confine della Terra, in un luogo anche qui sotterraneo, ma nei pressi dell’Oceano, con un proprio Sole, più splendente di quello terrestre. Ma più che pensare ai Campi Elisi come credenze o miti di una religione pagana, essi sono per lo più le fantasie e i sogni di poeti e scrittori, dove ognuno di loro idealizza il proprio “luogo” in cui poter restare. Campi Elisi, si base principalmente su quest’ultima visione poetica. I Campi che piano si vanno a descrivere sono luoghi ideali dell’artista: un luogo senza pioggia, ne neve, dove il Sole ha dimenticato di sorgere per fare spazio ad un’unica luce, quella della Luna, più debole, effimera e delicatamente armoniosa. Questa è una Luna che ha annullato le sue fasi, tutto si concentra nella fase del Primo Quarto (Luna Crescente), che corrisponde al settimo giorno: quando essa si allontana sempre più dal Sole e dal giorno e si fa via via più definita, si fa dono dell’energia, del germogliare, a mo’ di spicchio è la Luna della speranza. Campi Elisi è un progetto fotografico basato dunque su l’idea di creare un luogo idealizzato, proprio della poetica dell’artista: un luogo fatto di luce soffusa, debole, che quasi tremante vola via. La natura, intesa attraverso l’immagine di un salice piangente, diviene; fino a culminare con l’autoritratto dell’artista, la quale assume la figura retorica della similitudine con la pianta. Tutto si genera, tutto diviene, tutto è delicatezza e quiete che viene accompagnato da una brezza, che proviene da lontano, ma non si sa bene da dove, forse da un mare agitato che non ha più riva, ne spiaggia su cui atterrare. Come lo spicchio della Luna Crescente, tutto è qui speranza, tutto è l’attesa del “Plenilunio”.







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ph: Ilaria Feoli
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