Dove sono? O meglio: quando sono? Oppure semplicemente: sono?
Dentro ad un tempo con un lucchetto che non sa bloccarlo, che scorre ugualmente a segnarmi il volto mentre io lo sento passarmi sopra tutto uguale e senza tempo. In un ciclo continuo chiuso in tondo che va avanti tornando indietro. O forse è solo la mia impressione?
Un incubo. Un’ossessione.
Sono prigioniera, dentro un muro; dentro un ricordo che sbiadisce tornando alla mente prepotente; dentro questo stesso tempo assurdo. Dentro.
Appaiono come lampi le immagini di momenti felici, la sensazione di quando eravamo felici (lo siamo stati?). Risate di bambini, giorni lunghi nella natura che ora ci tradisce beffarda. Deride e imprigiona senza offrire speranza. Cortecce avvolgono e immobilizzano, i prati coprono sorrisi impossibili; possibile ne fossimo ignari? Di questa sorte che ci attendeva.
Tutto si sovverte, si spacca, si rovescia. Tutto sembra mai veramente esistito. Si è fatto pericoloso, ostile. Non c’è più ordine, non capisco più dove sono… quando sono… se, “sono”… mentre le mie mani vanno, vagano, si replicano, dentro un’ossessione di fuga che assomiglia alle zampe di un ragno velenoso.
Paure oscure, volti, incubi.
Tempo incatenato.








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