“Solitudini distratte” è un lavoro a quattro mani, frutto di una ricerca sinergica che mira alla simbiosi tra testo e immagine. Le fotografie di Sofia Bucci prendono vita dal ritmo pulsante delle parole di Matteo Mammucari.
“Solitudini distratte” è un libro.
Avremmo potuto accorgercene prima, siamo stati distratti.
Il tic tac dell’orologio, il gorgoglìo dentro all’acquario, il macinare dei
polmoni, il brontolare della moca. Tutto ci ha addomesticato. Tutto si è
associato al silenzio.
Ed ora anche il tuo respiro non sa più di niente.
Ci siamo alzati prima di svegliarci. Abbiamo chiuso la porta alle nostre
spalle e ci siamo incamminati verso le rispettive tangenziali, senza chiederci
perdono. Perdono per lo spazio che ci rubiamo, per i baci insipidi che ci
scambiamo, perdono per questo viverci addosso. Per il nostro letto disfatto.
Siamo stati distratti dalle crisi, dalla metropolitana, dagli ingorghi, dalle
targhe alterne, dai tramezzini confusi con un pranzo, dai nodi alla cravatta,
dai punti persi contro le squadre materasso, dalle rodate novità delle riviste,
dai centesimi che riusciremo a salvare, dai matrimoni delle persone più
importanti di noi.
E ormai anche il mio sudore non sa più di niente.
Ma noi non siamo quelli che stanno svicolando tra gli alveari metropolitani;
no, quelli sono i nostri avanzi. Noi siamo rimasti a casa, sparpagliati in
mezzo alla flanella spiegazzata e umidiccia delle lenzuola. Siamo i capelli
perduti, imprigionati tra la federa e il cuscino, siamo la forfora che fomenta
la polvere, siamo le cellule morte che ingrassano i sogni degli acari.
Noi siamo quello che non siamo più. Avremmo dovuto accorgercene prima.
Avremmo dovuto continuare a dormire stringendoci, con le dita e le mani e le
braccia e le gambe intrecciate. Ma tutto ci ha addomesticato. E ci siamo
accontentati. Cosa ci resta da legare insieme? Le lenzuola, forse. Ma non
sappiamo se affidargli un cappio o una via di fuga.
Comunque nulla che possa consolare le nostre solitudini dirimpettaie, il loro
dormirsi in faccia senza allacciarsi mai.
E tutto questo tempo speso a fingere di essere felici potevamo usarlo per
imparare ad esserlo davvero.






Testo: Matteo Mammucari http://solounpensiero.wordpress.com/
Per altre info:
www.sofiabucci.com